giovedì 25 febbraio 2010

Sweet potato chips

Sweet potato crisps

Una sera in cui vagavamo al freddo e al gelo per Soho in attesa che la lunga fila per la miglior pizza di New York si esaurisse, ho avuto la magnifica idea di proporre un aperitivo da Starbucks per colmare la voragine dello stomaco e placare l'imminente muta (sì, sì, ci stavamo trasformando in pinguini!) che si stava impossessando di noi.
Una volta entrati, mi era caduto l'occhio su una particolare confezione di patatine: quelle fatte con le patate dolci!
E' stato amore al primo assaggio (che è un eufemismo per dire che me le sono sbranate) e la voglia di riassaporare quel gusto si è fatta viva da subito.
Ovviamente non potevo permettermi di friggere (signori, io devo entrare in un vestito da sposa!) così ho deciso di affidarmi al solito metodo cracchiano dell'essicazione che, devo dire, non delude mai!
Ho anche scoperto che le patate dolci (che è la prima volta che acquisto in vita mia) con il loro bel colore arancione, sono una ricca fonte di vitamina A.


Sweet potato chips

patate dolci
sale

Mondare le patate. Affettarle molto sottilmente con una mandolina e asciugarle bene con l'aiuto di un canovaccio.
Stendere le fettine su una placca rivestita di carta forno e mettetele a seccare a 80 gradi per circa 2 ore.
Salare e servire.

martedì 23 febbraio 2010

Budino di kiwi

Budino di kiwi

Ai tempi in cui scrivevo sul forum de La cucina italiana questa ricetta era quella più indissolubilmente legata al mio nome. In realtà si trattava della versione all'arancia e, sempre a dirla tutta, mi ero solo fatta portavoce di una ricetta della mia mamma.
Noi l'abbiamo sempre chiamato "budino" ma forse il suo nome più appropriato sarebbe "gelo", dato che segue tale e quale il procedimento dei dolci al cucchiaio siciliani (ovvero usare maizena o frumina come addensante).
Qualsiasi nome gli si voglia attribuire, rimane comunque una preparazione versatilissima (è stato fatto in tutti i gusti, pomodoro compreso!) e facilmente sformabile anche in stampi d'alluminio (cosa non da poco).
Questo al gusto Shrek mi è piaciuto molto...


Budino di kiwi


6 kiwi
300g zucchero
90g di maizena
1 limone grande

Sbucciare i kiwi e frullarli assieme al succo di limone. Inserire il succo ottenuto (circa 320-350g) all’interno di un contenitore graduato. Aggiungere lo zucchero, la maizena e stemperare bene. A questo punto aggiungere acqua sino a raggiungere il litro.
Mettere sul fuoco e cuocere per tre minuti dal momento dell’ebollizione. Versare in uno stampo (o in più stampini monoporzioni) leggermente inumidito da un liquore a piacere e far raffreddare in frigo per almeno tre ore prima di servire.

domenica 21 febbraio 2010

Un giro al Mercato della Terra

Dopo i primi esperimenti invernali, ieri è ripartito il Mercato della Terra di Milano -secondo dei mercati di Slow Food in Italia ad interessare un'area metropolitana (dopo Bologna).
Sede del mercato è il Parco Vittorio Formentano, storicamente noto ai milanesi come parco del Largo Marinai d'Italia e sede fino al 1848 del fortino del maresciallo Radetzky. Nel 1911 vi fu trasferito il mercato ortofrutticolo (il Verzée), il luogo dove gli agricoltori di tutta la regione portavano i migliori prodotti di questo territorio. Oggi, in questo affascinante contesto, i protagonisti sono i produttori del Parco Agricolo Sud di Milano, oltre a qualche chicca proveniente dal resto d'Italia.
Una panoramica di quello che c'era...
Bè, innanzitutto c'era tanta gente, tanta e incuriosita a svuotare in men che non si dica i banchi dei contadini (i quali, mi sembra di aver percepito, non si aspettavano un successo di pubblico del genere). A me in particolare ha colpito la lunghissima coda che ad un certo punto si è formata davanti al banco del pane lievitato naturalmente (credo ci saranno state almeno trenta persone). E questo mi ha fatto riflettere.
Insomma, qualche minuto di attesa si è creato un po' ovunque ma quando questo accade in un bel contesto, basta accomodarsi ordinatamente in coda, godere del verde che ci circonda e farsi scaldare dal primo sole che finalmente decide di affacciarsi...

attesa

Insomma, che c'era?
C'erano innanzitutto farine, riso, miele, olio, uova...

Collage varie

...e poi ancora dolci caserecci di tutti i tipi...

Collage dolci

...salumi e formaggi (mannaggia a quel signore che ci ha rubato l'ultima vaschetta di mascarpone da sotto il naso! Grrrrr!)...

Collage salumi

...erbe aromatiche...

Collage aromatiche

...e, ahimè, poca, pochissima verdura (da un posto che si chiama "mercato della terra" francamente mi aspettavo qualcosa di più!)...

Collage verdure

Sarà colpa dell'ora in cui siamo arrivati (all'alba delle 11)? Mah, fatto sta che le cassette erano ormai vuote...

quel che resta...

...e i cesti pure!

quel che resta...

Mercato della Terra, ci rivediamo il 20 marzo!

giovedì 18 febbraio 2010

Il pesto di verza

Pesto di verza

Di Lorenzo Secondi, della sua competenza e della sua voglia di trasmetterla vi ha già parlato a dovere Lydia. Quello che però non vi ha detto è che durante il corso sulla carne seguito insieme, non solo abbiamo riscoperto il piacere della tagliata, sdoganandola per sempre da cibo anni '80 a prodotto incensurato da consumo quotidiano, ma anche che abbiamo scoperto un nuovo meraviglioso condimento: il pesto di verze.
Al corso è stato presentato come salsa di accompagnamento per il rustin negà (peraltro magistralmente eseguito), ma nulla ci vieta di utilizzarlo come condimento di una bella pasta!


Pesto di verza

(per un abbondante quantitativo)
400g verza
100g cavolo nero (oppure solo 500g di verza senza cavolo)
50g pinoli tostati
100g parmigiano
150g olio d'oliva
sale

Sbollentare le verze ed il cavolo nero in acqua bollente salata (10 minuti circa), scolarlo e frullarlo assieme agli altri ingredienti. Aggiungere, al'occorrenza, qualche cucchiaio di brodo vegetale o di acqua di cottura delle verze.

Verza

lunedì 15 febbraio 2010

Agnolotti ai cardi con nocciole

Collage cardi

Mentre maneggiavo la farina di kamut per il pane qui sotto, mi è subito salita la voglia di provarla anche per una pasta fresca.
A questo si aggiunga che ho trovato per la prima volta quest'anno (e dopo parecchie ricerche) un ciuffetto di cardi abbastanza decorosi e che volevo mettere in risalto al meglio...
La piemontesità del cardo poi, ha subito richiamato una sbriciolata finale di nocciole, le quali, a loro volta, hanno esaltato il retrogusto di nocciola della farina di kamut...insomma, ora potrei cantare "il triangolo no", ma è meglio che vi lasci alla ricetta!


Agnolotti ai cardi con nocciole

per 2 persone mangione:
200g farina di kamut
1 uovo
60-70g d'acqua

350g cardi (al netto)
30g burro
70g ricotta vaccina
30g grana (o, meglio, altro formaggio latteria)
2 cucchiai di pangrattato (all'occorrenza)
sale
burro, grana e nocciole tritate per finire

Impastare gli ingredienti per la sfoglia, coprire il tutto con della pellicola e lasciare riposare almeno mezz'ora.
Nel frattempo, pulire i cardi privandoli dei filamenti, sbianchirli in acqua fredda, limone e farina e poi bollirli in acqua bollente salata per 15-20 minuti,
Scolarli, tagliarli a tocchetti e ripassarli in padella con 30g di burro e a recipiente coperto per 30 minuti circa. Togliere il coperchio e fare asciugare bene il composto per altri 5 minuti.
A questo punto, frullare i cardi con il grana e la ricotta e aggiustare, se serve, la consistenza con il pangrattato.
Riprendere la sfoglia e tirarla sottilissima (se siete delle lumache come me, tiratene poca per volta, così non rischiate che si secchi). Ricavare dei cerchi con un coppapasta, distribuirvi il ripieno all'interno e richiudere a mezzaluna (può essere utile inumidire leggermente i bordi della pasta). Successivamente, unire i due estremi della mezzaluna e mettere da parte.
Cuocere gli agnolotti e condire con burro fuso, grana e una sbriciolata di nocciole.

N.B. Qualora non trovaste i cardi, potreste usare i carciofi o i topinambour.

venerdì 12 febbraio 2010

No-knead bread al kamut

Noknead al kamut

Oggi e' la giornata dedicata al risparmio energetico ed io, come l'anno scorso, mi sono completamente dimenticata di preparare qualcosa di adatto all'occasione.
Poi, durante una fruttifica conversazione telefonica con Lydia, ho avuto l'illuminazione (visto che si parla di Mi illumino di meno, l'illuminazione mi sembra il minimo...ha ha ha!): ma il noknead bread e' a bassisssssssimo consumo!!! Non si deve nemmeno accendere l'impastatrice...!
Ben certa che questo miserabile, turpe e paraculissimo pensiero mi abbia definitivamente rovinato la reputazione, vi lascio al mio primo no-knead con lievito madre (sulla scorta delle indicazioni di Diletta)...


No-knead bread al kamut


250g farina forte
200g farina di kamut
300g acqua
100g lievito madre
Sale (2 cucchiaini)
Farina o crusca per spolverare

Sciogliere bene il lievito madre nell'acqua in una ciotola, unire il resto degli ingredienti e mescolare con un cucchiaio di legno fino a quando non si vede più farina (i'impasto rimane rugoso) Coprire con pellicola e lasciare lievitare a temperatura ambiente per 12-18 ore, fino a quando è raddoppiato e la superficie è ricoperta di bolle. Infarinare molto bene il piano di lavoro, rovesciarvi l'impasto e piegarlo su se stesso un paio di volte (serve per dare forza al glutine) formando un palla. Infarinare bene un panno di cotone pulito, appoggiarvi l'impasto facendo attenzione ad avere la chiusura sotto, chiudere il panno e lasciare lievitare per 1-2 ore, comunque fino al raddoppio. Prova dito: in un punto nascosto affondare delicatamente un polpastrello e se l'impronta lasciata non torna indietro, l'impasto è pronto. Circa una mezz'oretta prima della fine della seconda lievitazione, accendere il forno a 250°C e inserire una pentola con coperchio che sia grande abbastanza da contenere l'impasto (l'ideale sono quelle in ghisa , tipo Le Creuset). Quando il forno arriva in temperatura, tirare fuori la pentola e velocemente rovesciare dentro l'impasto (la chiusura della palla a questo punto sarà sopra), chiudere e cuocere coperto per 30', poi scoprire e cuocere per altri 15-30' a seconda di come si vuole la crosta. Una volta cotto farlo raffreddare su una gratella per almeno un'ora prima di tagliarlo.

martedì 9 febbraio 2010

La chitarra e il grano arso

Grano arso

Se anche voi viveste in una congiunzione astrale per cui il pianeta Nuova-chitarra-portata-dalla-suocera (dalla Puglia con amore, of course) si allineasse con il satellite Sacchettino-di-farina-di-grano-arso donato da un'amica, cosa fareste?!??
Andreste a fare un ripassino nella bottega di Lory e, come me, vi mettereste al lavoro!


Trocchioli* (o troccoli) al grano arso


300g semola
100g farina di grano arso
acqua q.b. (circa 200g)
sale (per me, affumicato)

Impastate gli ingredienti, fate riposare la pasta al coperto per una mezzoretta, poi stendetela non troppo sottile (liv. 4 della sfogliatrice), tagliatela a misura e passatela alla chitarra.


P.S.: sono letteralmente assuefatta dal meraviglioso odore di affumicato di questa farina!

*errata corrige: la suocera (che svolge così a dovere il suo ruolo) mi specifica che per poter essere definiti "trocchioli" devono essere più alti (nel senso di "più spessi") e più stretti. Chiamiamole dunque "fettuccine".

La farina utilizzata viene dal
Molino Daddario Antonia
via S. Stefano, Loc. Cafora km 8700
71042 Cerignola
Tel. 0885.442513 (418310)

lunedì 8 febbraio 2010

Identità Golose 2010 - Ultima carrellata fotografica

Di Identità Golose ci sarebbero ancora tante cose da dire, tanti volti da raccontare.
Vi avrei voluto parlare dei fratelli Alajmo e delle loro Calandre rinnovate. Della sinestesia e della capacità di interpretare la cucina a 360 gradi (e forse anche qualcuno di più), coinvolgendo -un po' straniandoli- tutti i sensi di cui siamo dotati...

Alajmo brothers

Vi avrei voluto parlare di Corrado Assenza e dei suoi occhi.
Dell'espressione che assume quando si infila in bocca la sua Oliva candita con cappero e olio di mandorla...

collage assenza

Vi avrei voluto dire che Niko Romito a mio avviso è stato il miglior intrerprete del tema del congresso: il lusso della semplicità.
Dei suoi ingredienti contati, apparentemente banali che però lui sa esaltare come mai vi aspettereste...

Niko

Vi avrei voluto raccontare di questo giapponese che, un po' perchè stava davanti al bagno delle signore e un po' perchè era veramente accattivante nel suo rituale di preparazione del sushi, ci ha rapite per più e più volte...

Collage Giappo

Sì, insomma, vi avrei voluto dire un sacco di altre cose, ma vi lascio alle immagini...

San Pellegrino

Finger Grana Padano

Formaggi Guffanti

tentazioni

l'uovo di Parisi con le mani più belle del web

[Bè, di questo però vi devo dire: è l'uovo di Parisi tra le mani più fotografate del web!]

E ora ho davvero finito.

Altri post su Identità golose li potete trovare:
- da Alessandro QUI;
- da Alex QUI e QUI;
- da Anna QUI;
- da Babs QUI e QUI;
- da Lydia QUI;
- da Manuela QUI;
- da Maricler QUI.

venerdì 5 febbraio 2010

Insalata di broccolo romanesco e nocciole

Insalata romanesco e nocciole

Il primo giorno di Identità Golose, durante l'esibizione di Mattia Pariani, Igor Macchia e Corrado Assenza (che peraltro ho trovato uno dei momenti più belli di tutta la kermesse) ho fatto due grandi scoperte:
-la prima: che esistono degli oli alternativi (mandorle, pinoli, pistacchi, nocciole) davvero da paura (alla faccia di quello schifo di olio legnoso -che doveva essere di nocciola- comprato da Castroni e che mi aveva terrorizzata in merito);
-la seconda: che il broccolo romanesco si può mangiare anche crudo ed è la fine del mondo!!!
Naturalmente mancando degli oli originali di Pariani, ho cercato di ricostruirne un surrogato semplicemente frullando con delicatezza le nocciole in un buon olio d'oliva.
Non siate scettici e provate!


Insalata di broccolo romanesco e nocciole


per una persona:
5 o 6 cimette di broccolo romanesco freschissimo
una dozzina di nocciole
15g olio evo
scorza di limone
succo di mezzo limone
sale

Lavare le cimette, asciugarle e tagliarle il più sottile possibile. Passarle nel succo di limone.
Frullare le nocciole con l'olio, mantenendo una consistenza sabbiosa.
Scolare le cimette dal limone, distribuirle nel piatto, condirle con l'olio alla nocciola e terminare con un po' di scorza di limone grattugiata e del sale.

mercoledì 3 febbraio 2010

Identità Golose 2010 - Massimo Bottura (& Carlo Petrini)

collage Bottura

Penso a Fontana e alla genialità di un taglio.
Tagliare è un gesto primitivo, pre-lingua, pre-arte, pre-cucina.
E’ concetto spaziale, è l’urgenza di cercarlo, è il dubbio tremendo, è l’intelligenza… ed è quello che ci rende umani.
Cercare, pensare, unire, confrontare, fare.
Fare mondi.
Fare mondi in tutte le lingue del Mondo.

Massimo Bottura

Questo è il manifesto della cucina di Massimo Bottura.
Di una cucina aperta, poliglotta, che si fonda su solide basi (non esiste taglio senza una spessa superficie da tagliare) e che si rifiuta di fossilizzarsi su se stessa.
E’ una cucina che sembra fare eco alla riflessione di Carlo Petrini per cui la gastronomia senza l’agricoltura (e, più in generale, senza legami con la terra) è mero onanismo culturale.
E’ una cucina che (ri)conosce la sacralità del cibo e a cui dedica ogni suo gesto: dalla selezione della materia prima, dalla scelta dei fornitori, dall’accertamento della sua origine (e della familiarità con essa) per finire con la ritualità dell'impiattamento.
E’ una cucina che sfugge alle categorie di 'tradizione' e 'innovazione' e che è invece consapevole di poter essere una cosa sola: o buona o cattiva.
E’ una cucina che sa bene, come ha riportato Petrini, che “nulla nutre di più il nostro spirito di ciò che lo rallegra”.
Questo è il lusso della semplicità.

"Cercare, pensare, unire, confrontare, fare.
Fare mondi.
Fare mondi in tutte le lingue del Mondo.


QUI il video proiettato durante l'intervento.

martedì 2 febbraio 2010

Identità Golose 2010 - Prime Impressioni

identità golose

E’ davvero difficile imprimere le emozioni in formato word.
Mi sento ancora frastornata dal turbinio di competenze, da quel profumo di complicità, da quella tensione verso un fine comune che ho respirato in questi tre giorni (nonostante tutto o, meglio, nonostante Striscia).

Non so se la mia esile corporatura di blogger vulgaris (e pure un po' sfigatus) sarà in grado di somatizzare tutto questo.
Io non sono abituata a tanto…

Non sono abituata
a vedere gli uomini.
Non sono abituata a vedere i cuori, le rughe sotto gli occhi, le espressioni innamorate di chi parla della propria materia.
Non sono abituata a vedere i cervelli.
Non sono abituata a vedere chi sa mettere in un angolo la tecnica.
Non sono abituata a vedere la passione.
Non sono abituata a vedere la cultura e la riflessione.

No, io non sono abituata.

Grazie a chi mi ha consentito di vivere tutto questo [e perdonate la sovrabbondanza di sentimentalismo].

Paolo Marchi